Risalire alle origini della pesca a mosca non è semplice, d’ogni modo ci sono delle notizie, anzi degli scritti che comunicano notizie di pesca con la mosca tra gli egizi, ( un ritrovamento di geroglifici raffiguranti un pescatore armato di canna e lenza alla cui estremità viene raffigurata una farfalla ), tra i romani, ma forse ancora prima, pare anche che i Cinesi pescassero a mosca, anzi, sembra che siano stati proprio loro gli inventori delle code in seta e delle canne in bambù incollato: infatti le conoscevano dall’ 850 a.c., data a cui risalgono dei manoscritti che trattano diffusamente delle split‐cane, con precise istruzioni su come tagliare ed incollare il bambù.
E chissà che anche fra gli uomini primitivi, non ci sia stato qualcuno, dotato di particolare spirito di osservazione, che abbia notato degli insetti che, posatisi sulla superficie di un fiume, venivano inghiottiti dai pesci, e certamente, non gli saranno sfuggiti quei cerchi, che oggi noi chiamiamo, in gergo, “bollate”, formati dai pesci che venivano alla superficie, per catturare tali insetti.
Poiché, in tutti i tempi, com’è ben risaputo, la fame aguzza, l’ingegno, avrà forse pensato che, un poco di pelo, fissato attorno ad una robusta spina, ben arcuata, poteva apparire, agli occhi dei pesci, come un’imitazione appetibile; trovandosi, il nostro primitivo antenato pescatore, a dover risolvere quelli che sono i problemi fondamentali della pesca a mosca: imitare gli insetti, in maniera quanto più verosimile, e farli cadere in modo da convincere il pesce a sferrare l’attacco per prenderli.
Su tutto questo però non possiamo dire nulla di certo, a parte l’osservazione, che in quei tempi, le rive dei fiumi abbondavano di canne di bambù, che con le loro esili e flessibili cime avranno suggerito qualcosa, al nostro acuto e affamato osservatore, per cui potremmo persino dire che nasce prima la pesca con la mosca che quella con il verme.