Aimeé Devaux

image002quando ho fatto conoscenza di Aimè Devaux nel 1945, egli aveva 28 anni io 17, ci trovavamo naturalmente sulle rive dell’Ain. All’epoca pescavo un po’ con tutto, al lancio, con i vermi, altre esche naturali, ma soprattutto con il buldo, mentre lui pescava a mosca secca. Con un amico della mia età non avevamo ancora preso niente malgrado il fiume fosse coperto di bollate, quando Aimè vide le nostre mosche annegate dichiarò senza troppe storie:” non prenderete niente con quelle, aspettate, vi faccio vedere io”, tiro fuori allora dalla sua famosa scatola ( una scatola di alluminio per schiuma da barba Monsavon tutta battuta ) due mosche, gli strappò le code e qualche hackles perché annegassero e le fissò in cima ai nostri finali, al termine del coupe du soir ognuno di noi aveva sei o sette pesci, non eravamo mai stati ad una festa simile.image004 Questo aneddoto dipinge perfettamente il personaggio, quadrato, sicuro di sé, di una grande sincerità ma sempre generoso. La leggenda Devaux esisteva già, come, ammettere che un pescatore con la Mosca possa prendere senza problemi, senza nessuna difficoltà, abbastanza trote temoli per vivere delimage006suo prodotto esercitando la sua passione unicamente su dei percorsi semplici per tutta campagnole, non poteva non esserci un trucco, un segreto, una sorta di pozione magica che attirasse automaticamente le trote a prendere la sua mosca, certi pescatori gelosi lo facevano passare per un bracconiere, molte società gli rifiutavano una carta di pesca. Tanto dire, che a partire da quel giorno il segreto lo volevo conoscere anch’io, e tutte le volte che lo incontravo sulle rive del fiume lo seguivo come un’ombra, egli mi dava o fabbricava sul posto le mosche che funzionavano, un giorno mi disse” ma cosa aspetti per metterti a pescare con la mosca secca, non vorrai avvelenarti la vita con quella canna da lancio e con il buldo!”

 

Andammo insieme ad ordinare il materiale e da allora non ho più praticato altra pesca, è stato il mio professore, l’apprendistato è stato duro, ma mi ha insegnato image008tante di quelle cose sugli insetti, la trota, il fiume, che qualche anno dopo certi miei amici sono andati ad implorarlo dicendogli di dare anche a loro il suo segreto visto che lo aveva dato a me. Quel famoso segreto non è mai esistito, c’era semplicemente un uomo straordinario in perfetta comunione con la natura, possedeva una specie di sesto senso, sentiva quando doveva essere sul fiume sapeva dove si trovavano le trote e il temoli, anche senza bollate conosceva perfettamente il fiume. Aveva un modo di lanciare efficace non certo delle belle maniere, non delle grandi teorie, ma una sobrietà del gesto una precisione millimetrica da tutte le posizioni, sia con la mano destra che con la mano sinistra, non ho mai visto nessuno fare dei rollè così perfetti.

 

image010Era un osservatore nato vedeva tutto, sentiva tutto, e si interessava a tutto ciò che succedeva nella natura, era un pescatore, un cacciatore accanito e infaticabile, ma non tollerava che si uccidesse per niente. Per esempio l’ho visto prendere un’ape in mano perché stava affogando, portarla a riva e rimetterla su una foglia al sole perché si asciugasse e potesse volare di nuovo, infine aveva una grossa pratica della pesca a mosca, da giovane abitava nella fattoria des Iles verso Champagnole sulle rive di un fiume allora magnifico l’Aiguillon, popolato di trote dalla carne molto colorata più di quella dei salmoni che sfortunatamente è molto cambiato oggi perché in secca per più di tre mesi all’anno.

 

Ad otto anni pescava già, e velocemente, osservando i pescatori locali si mise a pescare a mosca, è sicuramente da Maurice Simonet, guardia pesca dell’albergo Ripotot che imparò di più, a Champagnole molto prima della guerra c’erano dei bravissimi pescatori a Mosca locali, oltre a Maurice Simonet, che aveva una reputazione internazionale, si può citare Leon Pichegru detto “il tapois” o Gabriel Nee di Syam, che fabbricava già delle mosche artificiali.LAin a quel tempo era frequentato da dire celebrità mondiali come Charles Ritz,Tony Burnaud,L.de Boisset,Lambiot, per citarne solo qualcuno, del resto L.de Boisset fu il suo primo cliente. Un giorno non avendo preso niente nella riserva del riporto e image021vedendo Aimè che stava pescando nel tratto comunale a monte della riserva, riempire il suo cesto, si avvicinò, volle vedere le mosche e compro tutto il contenuto della famosa scatola.

 

 

 

Aimè Devaux, ebanista, lavorava in un’officina di champagnole, ma nel 1937 a vent’anni fu messo in mobilità per tre anni, durante la guerra fu fatto prigioniero in Alsazia nel giugno del 1940, riuscì ad evadere nel 1941 e passò in zona libera, visse a Lons le Saunier e a Chatillon du Ain, con sua moglie Denise e suo figlio Denis, senza carta d’identità, senza bolli per mangiare, senza lavoro, egli va a pescare, vende le sue trote o le baratta con altri prodotti e riesce più o meno a sopravvivere, dopo la image022guerra continua pescare e a vivere della sua pesca.

A partire dal 1950 qualche turista pescatore a mosca, appariva sulle rive dell’Ain, io ero, tutte le volte che potevo, con Devaux e ogni volta lo stesso scenario ricominciava, osservava un pescatore che provava a lanciare senza successo su una bollata, si avvicinava, e cominciava a parlare: ” non vuole salire?… oh niente da fare, è mezz’ora che ci provo,… permettete?”, Aimè lanciava e prendeva la trota al primo lancio, staccava la mosca con la quale aveva preso la trota l’attaccava al finale del turista e gli diceva ” adesso andate a prendere quella che bolla 15 m a monte”, il più delle volte quella trota non saliva che una volta, allora Devaux prendeva la canna del povero pescatore, lanciava con la sua solita precisione, prendeva la trota e la consegnava al turista deluso.

 

Era l’uomo delle sfide, e lì il suo senso dell’acqua si manifestava e io stesso non ho mai capito come poteva essere così sicuro di sé, parlava di prendere una trota sotto tale cespuglio senza che una bollata fosse visibile, di prendere tre temoli in quella corrente, di prendere una trota in condizioni impossibili, di lanciare a 18 20 m mentre aveva una parete di alberi molto alti 3 m dietro le sue spalle, image023i suoi amici il dottore Yves Rameaux e Mano Bouchet possono testimoniarlo.

Fu così che si fece la sua reputazione, quel pescatore deluso rimessosi dalla sua sorpresa scavalcava mari e monti per ritrovare il suo generoso donatore, alcuni essendosi rassegnati, venivano a bussare alla sua porta alle cinque di mattina per avere delle mosche acquistarle a qualsiasi prezzo, e lui gliene dava.

 

Fu il caso del signor Boudei, industriale di St.Pierre de Corps, che un po’ più tardi lo introdusse da Pezon e Michel ad Ambroise, il suo primo grande cliente, ero con lui quel giorno quando presentò la sua prima collezione di una trentina di effimere fu in quel momento che prese la decisione di fabbricare delle mosche artificiali per farne un commercio. Prima lavora con sua moglie Denise, nel corso dell’inverno 1954/55, poi davanti al grande successo con una, poi due, poi tre, poi 10 operaie, tutte donne, numero che non ha mai voluto superare malgrado le offerte che gli furono fatte, mi ricordo della visita di rappresentanti di un grande distributore americano venuto a proporgli un ordine di 50.000 dozzine di artificiali per anno che non volle mai accettare.

Aimè Devaux ha sempre dato la precedenza alla qualità, dell’amo, delle hackles, trattati specialmente per essere perfettamente impermeabili, la qualità del montaggio con la sua tecnica particolare di montaggio avanzato, hackles girati in avanti e non all’indietro perché possano vibrare ed asciugare in maniera impeccabile. Era un padrone  esigente, che controllava tutto, non sempre facile, ma molto umano, assecondato da Denise sua moglie, sempre presente, sempre gentile, sempre pronta a ricevere amici, compagni, pescatori, in atelier come a casa dove preparava dei pranzi degni di un grande chef.

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Quante trote ha preso Aimè Devaux? Credo che nemmeno lui lo sapesse, parlava di 50.000, chissà… Una sera agli inizi degli anni ’50 quando cominciavo a difendermi bene, eravamo andati a fare il coup de soire molto tardi malgrado la mia impazienza per partire, risalivo sulla riva destra mentre lui prese la sinistra, perché molto più abile di me di rovescio, in meno di un’ora avevo preso 12 trote, me lo ricordo come se fosse ieri e scesi per ritrovarlo, era notte fonda ormai credevo  quella sera di averlo battuto, in effetti mi sembrava impossibile aver preso così tanti pesci in così poco tempo, gli domandai:” quante questa sera?” lui mi rispose:” non so, non ho image026avuto tempo di contarle”, allora presi il suo cesto lo rovesciai sulla sponda e ne contai 25, a quell’epoca si poteva ritornare all’indomani sullo stesso percorso e prenderne altrettante e negli anni successivi fare gli stessi cesti, oggi i tempi sono cambiati.

 

 

 

Aimè Devaux ci ha lasciati alla fine del 1985, per quarant’anni fu il mio amico, compagno, il mio maestro di pesca, fino alla fine è stato un appassionato del fiume, della pesca, ma ributtava tutte le trote che prendeva, era anche un appassionato di caccia soprattutto alla beccaccia con i suoi due cani, due magnifici grifoni francesi a pelo duro, Jeck e Doudune, che gli sono sopravvissuti solo qualche mese, aveva deciso di fare un’altra lotta, quella dell’ecologia la vera non quella degli intellettuali, ma quella di un uomo della natura che si è reso conto a poco a poco giorno dopo giorno dei danni causati principalmente all’acqua e ai fiumi che conosceva così bene, egli stimava che una delle più grandi catastrofi ecologiche di questi ultimi trent’anni fosse l’essiccamento degli stagni e delle torbiere la sparizione volontaria di queste enormi image027riserve naturali, trascinando inevitabilmente a lungo termine la sparizione dell’acqua, e a medio termine il suo grande inquinamento, in quanto la torba, essendo una fibra naturale purificatrice svolgeva benissimo il suo compito di filtro, inoltre l’assenza di spazi di ritenuta sarebbero stati la causa di gravi inondazioni, per questo metteva su tutte le sue corrispondenze commerciali e private, per attirare l’attenzione, un timbro:  STAGNI SECCHI=PIANE INONDATE  quello che è successo nel corso degli anni 80 e in particolare nel 1989 e agli inizi del 1990 sembra sfortunatamente dargli ragione.

 

 

G.M.